Nel territorio dell’Ecomuseo l’agricoltura ha saputo valorizzare il poco spazio a disposizione con coltivazioni adatte al territorio, oggi bacini di sperimentazione per i metodi biologici.
La collina dell’Argentario ospita vigneti di pregio, numerose cantine e agriturismi, mentre la zona di Albiano vanta un’antica tradizione di castanicoltura. In tutto il territorio dell’Ecomuseo sono diffusi bellissimi orti, molti dei quali coltivati su terrazzamenti sostenuti dai tradizionali muretti a secco. Boschi e prati sono particolarmente ricchi di erbe spontanee aromatiche ed officinali che si prestano ad originali utilizzi in cucina.
In Trentino la coltivazione del castagno è stata in passato un’attività di significativa importanza economica. Le castagne sono frutti preziosissimi: hanno eccezionali proprietà nutritive e si conservano nel tempo, anche sotto forma di farina. Sono composte soprattutto da zuccheri complessi (amido), come i cereali, ma contengono anche proteine e abbondanti sali minerali e vitamine. Possono essere mangiate fresche, lessate o arrostite (caldarroste). Con la cottura l'amido si scompone in zuccheri semplici, che conferiscono alla castagna cotta il suo buon sapore. Una volta seccata, la castagna si conserva per molto tempo, proprietà utilissima soprattutto in passato. Macinate, le castagne secche danno la farina di castagne, ingrediente base per varie pietanze.
Il castagno è una specie mesofila e moderatamente esigente in umidità. Sopporta abbastanza bene i freddi invernali, subendo danni solo a temperature inferiori a -20/-25 °C. Richiede una temperatura media annua compresa fra 8 e 15 °C e una temperatura media mensile superiore a 10 °C per almeno sei mesi. Temendo le gelate primaverili, ha una ripresa vegetativa tardiva: schiude le gemme in tarda primavera e fiorisce all'inizio dell'estate. Per completare la fruttificazione, la buona stagione deve durare quasi 4 mesi. In generale tali condizioni si verificano nelle zone collinari e di bassa montagna.
Il castagno ha notevoli esigenze legate al terreno: ama i terreni neutri o un po’ acidi, mentre rifugge i suoli basici, ricchi di calcare. Perciò la sua distribuzione è strettamente correlata alla geologia del territorio: anche sul Calisio è presente solo nei settori con porfido o, nelle zone calcaree, in coincidenza di depositi morenici dove i ghiacciai hanno abbandonato materiali rocciosi ricchi di quarzo. A monte di Albiano è presente una zona molto bella di castagneto; appezzamenti con castagni sono diffusi a Meano (“in Meano – scriveva nel 1673 Michelangelo Mariani – si fanno castagne in copia”), Montevaccino, Fornace e varie altre località dell'Ecomuseo.
La coltivazione del castagno ha avuto un picco massimo alla fine dell’ ‘800 ed è rimasta un’attività importante fino alla Seconda Guerra Mondiale, poi si è assitito ad un generalizzato abbandono che ha portato al rimboschimento diffuso e al drastico deperimento – o persino alla morte – di buona parte delle piante da frutto. Da un po’ di tempo però, il castagno e i suoi preziosi frutti sono “tornati alla ribalta” e ormai sono numerosi gli interventi di recupero dei castagneti e di realizzazione di nuovi impianti. E questa è una buona cosa, non solo perchè permette di rivitalizzare una attività economica tradizionale in sintonia con la natura, ma anche perchè consente la conservazione di un habitat, il castagneto, di grande interesse paesaggistico e naturalistico.