Nel territorio dell’Ecomuseo l’agricoltura ha saputo valorizzare il poco spazio a disposizione con coltivazioni adatte al territorio, oggi bacini di sperimentazione per i metodi biologici.
La collina dell’Argentario ospita vigneti di pregio, numerose cantine e agriturismi, mentre la zona di Albiano vanta un’antica tradizione di castanicoltura. In tutto il territorio dell’Ecomuseo sono diffusi bellissimi orti, molti dei quali coltivati su terrazzamenti sostenuti dai tradizionali muretti a secco. Boschi e prati sono particolarmente ricchi di erbe spontanee aromatiche ed officinali che si prestano ad originali utilizzi in cucina.
La viticoltura fa la ”parte del leone” nell’agricoltura del territorio dell’Ecomuseo, occupando vaste superfici nel Meanese e nella fascia che va da Martignano a Villamontagna, oltrechè nel Civezzanese. Si tratta di territori molto vocati alla coltura della vite, che qui è documentata almeno fin dai tempi dei Romani.
La storia locale della viticoltura ha avuto parecchie vicissitudini. Dopo un periodo di forte declino a causa delle invasioni barbariche, nell'Alto Medioevo la coltivazione della vite si ritrovò affidata agli ordini religiosi che la praticarono nei conventi, salvando le vecchie varietà e diffondendone di nuove. La produzione di vino registrò nei secoli successivi profondi cambiamenti e fortune alterne nella commercializzazione, fino ad arrivare al XVI secolo quando – durante il Concilio di Trento – gli ecclesiastici riuniti per l'occasione ebbero modo di apprezzare il vino della regione, contribuendo alla sua diffusione e notorietà in tutta Europa. Nel 1800, con il dominio napoleonico e la conseguente secolarizzazione di abbazie e conventi, la viticoltura ebbe un forte momento di crisi, dal quale si risollevò nella seconda metà del secolo anche grazie agli impulsi commerciali derivanti dalla realizzazione della ferrovia del Brennero (1867), che fece divenire il Trentino il principale fornitore di vini alle corti Imperiali d'Austria.
Nei primi anni del 1900 vennero segnalati a S. Michele, Faedo e Lavis i primi casi di fillossera, afide di origine nordamericana che si diffuse a macchia d’olio in tutto il Trentino con effetti molto gravi, seppur non così disastrosi come in altre zone d’Europa. Per contrastare la fillossera venne avviato un grandioso programma di riconversione dei vigneti con portainnesti immuni all’insetto, che però fu interrotto dallo scoppio della Grande Guerra. Furono proprio gli esiti del conflitto, sfavorevoli all’Impero austroungarico, a determinare una forte crisi del settore vinicolo nel dopoguerra; ci vollero alcuni decenni per risollevare le sorti del comparto.
Nel 1950, secondo i dati della Carta viticola del Trentino, nei distretti di Civezzano, Fornace, Albiano, Meano, Montevaccino, Martignano, Maderno, Cognola, Tavernaro è Moià la produzione di uve nere superava in quantità di quasi 5 volte quella di uve bianche (13.770 ettolitri contro 2905). I vitigni più diffusi erano nell’ordine Negrara, Schiava, Barbera e Pavana tra i rossi; Nosiola, Lagarino e Garganega tra i bianchi.
A partire dagli ultimi decenni del secolo scorso la viticoltura locale, come quella dell’intero Trentino, ha abbandonato le speculative logiche della quantità a favore di scelte qualitative. La nuova consapevolezza ha prodotto cambiamenti drastici sia nei tipi di vitigni utilizzati sia nella lavorazione delle uve, ed oggi il territorio dell’Ecomuseo può vantarsi di contribuire all’eccellenza trentina nella produzione di vini bianchi e rossi e in particolare nella produzione di vini spumanti metodo classico.
La superficie complessiva occupata dai vigneti nell’Ecomuseo è pari a circa 450 ettari; dei quali circa 200 ettari nel Meanese e poco meno di 150 ettari sulla collina di Cognola. Sono almeno 25 i vitigni coltivati. Contrariamente a solo pochi decenni fa, le uve bianche fanno la “parte del leone”, occupando ben l’84% della superficie coltivata a vite. La due varietà più diffuse, Chardonnay e Muller Thurgau, utilizzate ampiamente come pregiato vino base per spumante, occupano assieme più di 300 ettari. Altre varietà, in ordine di abbondanza, sono Pinot nero, Traminer aromatico, Pinot grigio, Schiava gentile, Sauvignon, Riesling, Teroldego, Manzoni bianco, Nosiola e Moscato giallo.