La ricchezza geologica dell’Altipiano del Calisio è conosciuta fin dall’antichità dai suoi abitanti e dai signori della vicina Trento. Alcune risorse del sottosuolo hanno avuto un ruolo molto importante nello sviluppo di questo territorio.
Il nome stesso deriva dai giacimenti d’argento coltivati nel Medioevo da minatori di origine germanica, i canòpi, che estraevano il prezioso metallo per conto del Principe Vescovo: con l’argento del Calisio si coniava allora la moneta di Trento. Al loro lavoro dobbiamo il paesaggio lunare che caratterizza l’area centrale dell’Ecomuseo, crivellato da migliaia di pozzi e chilometri di stretti cunicoli. Dal Calisio proviene anche il Rosso Ammonitico, la roccia utilizzata per costruire la città di Trento fin dall’Età romana. I famosi cubetti di Porfido con cui sono lastricate strade e piazze, provengono dal lembo settentrionale dell’Ecomuseo, nel territorio di Albiano e Fornace.
Un’altra importante risorsa geologica del territorio dell’Ecomuseo è il Rosso Ammonitico, un calcare formatosi nei fondali marini del Giurassico. Il nome è dovuto alla colorazione (dovuta agli ossidi di ferro) e alla presenza frequente di fossili di ammoniti, molluschi cefalopodi che popolavano quegli antichi mari. Sulla collina dell’Argentario si estraevano in particolare due varietà di Rosso Ammonitico: il Verdello, più chiaro, e il Rosso Trento. La diversità cromatica è stata sfruttata come elemento decorativo in molti edifici, ad esempio nei pavimenti delle chiese.
Già i romani utilizzavano questa pietra per costruire case, edifici pubblici e strade, come testimoniano ad esempio i resti archeologici del Museo S.A.S.S. in Piazza Cesare Battisti a Trento. L’aspetto del centro storico cittadino deve molto a questo materiale locale: dalle case-torri medievali, al Duomo, al Castello del Buonconsiglio, ai palazzi cinquecenteschi testimoni del Concilio, fino ai monumenti fascisti come la Casa del Fascio in Piazza Venezia.
Molti edifici storici del territorio dell’Ecomuseo (soprattutto di epoca Rinascimentale) hanno portali e finestre in Rosso Ammonitico. Da questa pietra sono stati inoltre ricavati i blocchi squadrati della chiesa tardo-gotica di Santa Maria Assunta a Civezzano, così come quelli impiegati nei forti austroungarici.
Le cave della “Pietra di Trento” lambivano il centro cittadino: fronti di scavo antichi compaiono dietro le case a monte del Castello del Buonconsiglio, nel quartiere San Martino e lungo Via Venezia (una parte della quale ha preso il nome di Via alle Cave). Nel territorio dell’Ecomuseo, in particolare presso Villamontagna e Cognola, le tracce di estrazione di questa roccia sono molto frequenti e hanno condizionato la formazione del paesaggio attuale. Alcuni fronti di cava sono ancora a vista, molti invece sono coperti dai vigneti che caratterizzano questa parte dell’Ecomuseo.
I fronti di cava storici portano i segni delle diverse tecniche estrattive utilizzate nel corso dei secoli: da semplici cunei e leve che sfruttavano la stratificazione naturale della roccia, a lunghe punte (barramine) con le quali si ottenevano i canali per la polvere da sparo, fino alle tagliatrici a catena attuali.
La decadenza dell'attività estrattiva, dal Secondo Dopoguerra in poi, è legata all'avvento di nuovi materiali da costruzione, come il cemento.
LE CAVE DI PILA
Uno dei siti estrattivi più importanti era quello di Pila, a Villamontagna, oggi riadattato a suggestivo parco pubblico grazie all’intervento dell’Ecomuseo Argentario in collaborazione con le amministrazioni locali. Una parte della cava è ancora attiva e alimenta gli interventi di ristrutturazione in città. Osservando i fronti di cava si possono individuare i segni dei diversi strumenti utilizzati per lo scavo.
IL PARCO DELLE COSTE
Poco lontano dal centro di Cognola si trova un piccolo parco pubblico interamente ricavato all’interno di una vecchia cava. Da qui provengono le pietre con cui sono state costruite alcune delle ville cinquecentesche della collina di Trento.